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Le "due storie" di un litigio


A tutti è capitato di sentir litigare due amici o marito e moglie. La prima persona ha una sua opinione e vede le cose da un suo angolo prospettico che noi possiamo chiamare “1” o “prima posizione”. Egli racconterà la sua versione dei fatti, cioè la “prima storia”. Ma se diamo ascolto all’altra persona noi ascolteremo una seconda versione della storia, che conterrà opinioni e percezioni del tutto diverse. Possiamo chiamare questa seconda storia “2” o “seconda posizione”.

 

I due litigano perché ognuno si attacca alla sua posizione e si sente incompreso in quanto non riesce a “farsi capire”, e gli sembra che l’altro parli un linguaggio ostile in quanto non risponde ai suoi contenuti ma ne propone altri, diversi. Entrambi si sentono profondamente incompresi e frustrati e spesso accade che dopo poco inizino le accuse ed i riferimenti al “brutto carattere” dell’altro. Alla fine del litigio può accadere che entrambi abbiano l’impressione di essersi trovati “di fronte a un muro”, che l’altro sia stupido o che abbia voluto “fare orecchie da mercante”. In realtà ognuno dei due è rimasto tenacemente abbarbicato alla sua storia, alle sue percezioni ed alle sue opinioni senza aprirsi alla versione dell’altro; ma quel che soprattutto si nota è che ognuno vuol vincere sull’altro: vuole cioè che la propria opinione sia riconosciuta vera mentre quella dell’altro falsa. Insomma, nei litigi ognuno vuole aver ragione e dimostrare che l’altro ha torto.


Ma esiste anche un terza posizione


Esiste un'altra posizione che è di stupefacente importanza: voi che ascoltate i due che litigano spesso vi troverete ad osservare che entrambi hanno ragione in parte, ed altrettanto torto in parte, e vi sembrerà di percepire una terza storia, che noi chiamiamo “3” o “terza posizione”.

 

 

Un osservatore neutrale, non coinvolto emotivamente nella discussione, spesso vede in senso olistico, cioè registra una visione degli eventi molto più distaccata e lucida di chi, litigando, rimane come ipnotizzato dalle percezioni soggettive della propria versione. Questa posizione è conosciuta da anni dalla psicologia dei sistemi come “posizione meta”, cioè che sta al di sopra delle posizioni individuali.

Il “principio del 3–2–1” dice che un comunicatore esperto dovrebbe riuscire a praticare la comunicazione nel senso anti-istintivo: dovrebbe passare dalla “terza posizione” alla “seconda posizione” e parlare della propria percezione, cioè dalla “prima posizione” soltanto in ultima istanza. L’istinto ci porta a sostenere con toni sempre più accesi l’“1”, e l’altro istintivamente tende a fare lo stesso.

Cosa significa mettersi in “3”, cioè in “terza posizione”? Significa occuparci della lettura fenomenologica, cioè non ascoltare la versione soggettiva dell’altro ma stare attenti agli eventi che accadono tra noi e l’altro. Solo dopo aver enunciato questo livello e aver trovato un accordo con l’altro sulla sua realtà, diventa possibile dare ascolto al livello soggettivo dell’altro, manifestare comprensione e l’intenzione di risolvere il problema che sta creando disagio all’altro.

Perché solo dopo aver enunciato il “3”? Perché il “3” fa da contenitore al “2” e lo contestualizza, altrimenti la comprensione dell’altro potrebbe sembrare una sorta di abdicazione alla propria posizione, un “darla vinta” all’altro.


Come si riesce ad arrivare alla terza posizione?


Una volta raggiunto l’accordo sul “3” il vissuto dell’altro acquista senso relativamente al “3” e non più all’“1”. La grande battaglia dell’«io ho ragione e tu hai torto» cessa soltanto se avvengono una buona lettura, l’enunciazione e l’accordo sul livello “3”.

Questo accade perché la lettura fenomenologica corretta sul livello “3” è l’unica in grado di far decadere la percezione soggettiva e incompleta che si origina nel livello “1”.

«Ma come si fa, concretamente, ad arrivare a questo benedetto “3”?». La “terza posizione” si acquista imparando a conoscere i quattro “Strumenti di lettura” del metodo COMUNICAZIONE SANA e poi cominciando piano piano ad applicarli nelle nostre comunicazioni.

 

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Per conoscere il principio del "1-2-3" e tante altre strategie per rendere la tua comunicazione efficace

 

 

In conclusione eccoti un piccolo esercizio: d’ora in poi, quando ti capiterà di assistere ad un litigio fra due persone, presta attenzione a quanto esse siano disponibili a vedere la terza storia e la seconda, oppure si accaniscano a voler far capire all’altro la loro prima storia.

COMUNICAZIONE SANA

Formazione 2020 - Trieste

Date del corso 2020 :

  • 25 e 26 gennaio;
  • 22 e 23 febbraio ;
  • 28 e 29 marzo;
  • 25 e 26 aprile;

Orario: dalle ore 9-13; 15-19

Sede: Istituto Gestalt Trieste, via Rossetti 8

Docenti:  Paolo Baiocchi - Filippo Carbonera

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LA GESTALT

Nel panorama degli attuali orientamenti in psicoterapia, l’approccio della Gestalt Therapy rappresenta un indirizzo che si è consolidato progressivamente negli ultimi decenni sino a divenire uno dei modelli di intervento più diffusi sul territorio nazionale.

La Psicoterapia della Gestalt può considerarsi un’evoluzione della Psicoanalisi man mano che a questa venivano meno alcuni capisaldi teorici e una volta tolto il supporto epistemologico del modello fiscalista ottocentesco, supporto che Perls ricostituisce attraverso la Psicologia della Gestalt, l’Esistenzialismo e la Fenomenologia.


 

 

La Gestalt fonda l’intervento psicologico sul sostegno alle cosiddette “parti sane”, alle risorse che, se pur in quantità limitata, ogni individuo possiede in sé e può recuperare. In questa concezione, quindi, la psicoterapia diviene uno degli strumenti – in alcuni casi l’unico possibile – adatti a riattivare e ampliare il processo di evoluzione personale.

La concezione gestaltica dello sviluppo e del benessere psicofisico individuale fonda la “diagnosi” sulle possibilità intrapsichiche e relazionali perdute dalla persona che ha cristallizzato il suo agire in comportamenti ripetitivi, inadeguati al contesto attuale e, quindi, al benessere personale.


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